Alcune persone, purtroppo, in alcuni momenti delle proprie vite vanno incontro a dei periodi di grande difficoltà economica. Questi si possono palesare in svariati modi, alcuni dei quali transitori e rimediabili. Altri, invece, risultano più complessi da risolvere e richiedono un grande sforzo da parte del debitore per cercare di saldare quanto dovuto al soggetto o ente creditore.
Quest’ultimo, in ultima istanza, può ricorrere al pignoramento, un nome noto alla maggior parte delle persone, ma che pochi ne conoscono il reale significato. Esso è l’atto col quale prende avvio l’espropriazione forzata, il primo autentico atto esecutivo, che può assumere diverse tipologie. L’ordinamento giudiziario italiano, attualmente, ne prevede tre: immobiliare; mobiliare; presso terzi.
Dal pignoramento immobiliare al pignoramento del conto: quali sono le tipologie previste dal nostro ordinamento?
Il pignoramento immobiliare, attualmente, risulta quello al quale, spesso, fa ricorso il creditore per vedere soddisfatte le proprie richieste e va a colpire tutti, o eventualmente una parte, del patrimonio immobiliare del debitore insolvente. Quello mobiliare, invece, ha per oggetto beni mobili, come ad esempio le autovetture, mentre il pignoramento presso terzi riguarda crediti o beni del debitore che sono nella disponibilità di un terzo soggetto.
In quest’ultimo caso, il conto corrente bloccato per pignoramento rappresenta uno degli esempi più classici e che, spesso, viene utilizzato dal creditore per ottenere quanto dovutogli dal debitore. Questo atto si concretizza se il debitore ha subito una sentenza di condanna (anche solo in primo grado), oppure ha emesso assegni in bianco o non onorato una cambiale. Il pignoramento del conto corrente, però, può avvenire anche per il mancato pagamento delle rate di un prestito, piuttosto che tramite un atto pubblico notarile.
Il pignoramento, in sostanza, si tratta di un vincolo giuridico che riguarda il valore di scambio dei beni e non il loro utilizzo: il debitore può continuare a disporre dei beni pignorati, col solo obbligo di attuare comportamenti tali da evitarne la distruzione, sottrazione o il deterioramento degli stessi. Non è richiesto il pignoramento, invece, se i beni sono assoggettati a pegno o ipoteca.
In alcuni casi, però, il pignoramento può essere assoggettato a dei limiti, in quanto va a cozzare con altri interessi giuridicamente garantiti. L’esempio più classico, anche in questo caso, riguarda il conto corrente: il pignoramento dello stipendio accreditato sul conto, infatti, può avvenire per una cifra massima corrispondente ad un quinto della somma percepita.
È possibile evitare il pignoramento con un risarcimento in denaro?
Ulteriori limiti, inoltre, sono previsti per quanto concerne il pignoramento della pensione: non è possibile procedere al pignoramento per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale aumentato della metà. La parte eccedente a tale somma, invece, può essere pignorata nei limiti del quinto.
A livello giuridico, il pignoramento è un atto formale mediante il quale l’ufficiale giudiziario intima al debitore di non sottrarre i beni pignorati – e gli eventuali benefici economici derivati dagli stessi – alla garanzia del credito. L’ufficiale giudiziario, però, può formalizzare l’atto solo dopo che il creditore ha provveduto a notificare al debitore il titolo esecutivo ed il precetto.
La notifica del pignoramento deve essere inoltrata entro 90 giorni dalla data del precetto: l’ufficiale giudiziario deve indicare al debitore a quanto ammonti esattamente il credito e gli eventuali beni oggetti dell’atto di pignoramento. Tale documento, poi, deve contenere l’intimazione al debitore di fornire la propria residenza/ domicilio eletto e l’avvertimento di poter chiedere al giudice dell’esecuzione competente la sostituzione dei beni e dei crediti pignorati con una somma in denaro.
Essa dev’essere di un ammontare complessivo pari alla somma dovuta al creditore, comprensiva degli interessi, spese accessorie e costi di esecuzione. La richiesta di sostituzione, però, dev’essere depositata in cancelleria prima che il giudice disponga la vendita o l’assegnazione.